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Donald Trump e il “Deep State”: la guerra invisibile

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di / 8 Aprile 2025 / RagionVeduta.it


Quando Donald Trump annunciò la sua candidatura alla presidenza nel giugno 2015, molti lo considerarono un’anomalia passeggera, un outsider destinato a essere travolto dal sistema. Eppure, nel novembre 2016, il miliardario newyorkese conquistava la Casa Bianca.

Donald Trump davanti a simboli di potere economico e istituzionale - Ragionveduta.it
Donald Trump e la lotta al Deep State – Ragionveduta.it

Per alcuni osservatori, si trattò di una svolta epocale; per altri, dell’inizio di una guerra sotterranea tra l’uomo che prometteva di “bonificare la palude” e quel potere che, secondo una parte dell’opinione pubblica americana, governa nell’ombra: il Deep State 1.

Cos’è il Deep State?

Il concetto di Stato Profondo (Deep State) ha origine nella Turchia degli anni ’90, ma nel contesto statunitense si riferisce a una presunta rete di burocrati, lobby, intelligence, militari e apparati giudiziari che agirebbero con autonomia dalle istituzioni democratiche e dai cicli elettorali, influenzando decisioni chiave della politica estera e interna.

Per i teorici del complotto, il Deep State non elegge, ma ordina; è il Nuovo Ordine Mondiale e il suo potere non sta nei voti, ma nella continuità delle sue strutture amministrative oltre a una fitta rete di lobby, consulenti strategici, think tank e multinazionali, capaci di orientare il corso della politica in modo indipendentemente dall'utilità e consultazione popolare.

Le prime frizioni: Russiagate e dossier Steele

Il primo fronte tra Trump e il Deep State si apre con il famigerato Russiagate, ovvero l’indagine sulle presunte collusioni tra la sua campagna elettorale e il Cremlino. Il rapporto Mueller (2019) non produsse accuse formali contro Trump 2, ma il danno mediatico fu enorme.

A gettare benzina sul fuoco fu il dossier Steele, un documento compilato da un ex agente dell’intelligence britannica su influenza dei Democratici, in cui si accusava Trump di essere ricattabile da Mosca. Il dossier fu utilizzato dall’FBI per ottenere mandati di sorveglianza contro membri della sua campagna. Successivamente si rivelò infondato (Inspector General Report, DOJ, 2019).

Per molti sostenitori di Trump, fu il primo segnale chiaro: i servizi stavano cercando di sabotare un presidente eletto.

Licenziamenti, defezioni e talpe: la caccia al Deep State

Trump, durante il suo mandato, ha sistematicamente sostituito o rimosso funzionari chiave considerati “ostili”: James Comey (FBI), John Bolton (Sicurezza nazionale), Rex Tillerson (Segretario di Stato), Mark Esper (Pentagono). Ogni mossa veniva raccontata dai media mainstream come segno di “instabilità”, ma nella narrazione alternativa era un tentativo di scardinare una macchina di potere parallela e inamovibile.

Nel 2018, un editoriale anonimo pubblicato dal New York Times 3, firmato da un “alto funzionario dell’amministrazione”, parlava esplicitamente di una resistenza interna alla Casa Bianca che agiva per “contenere” le decisioni del presidente. Per Trump fu la conferma: esisteva un governo ombra all’interno del suo stesso governo.

L’assalto finale: impeachment, pandemia e censura digitale

Nel 2019 arriva il primo impeachment (UcrainaGate, legato alla telefonata con il presidente ucraino Zelensky: Trump avrebbe fatto pressioni affinché venissero indagate le attività del figlio di Joe Biden 4.

Il contenuto della telefonata venne rivelato da una fonte anonima interna alla CIA: ancora una volta, un funzionario non eletto attiva un meccanismo di delegittimazione presidenziale.

Nel 2020, la gestione della pandemia offre un nuovo terreno di scontro. Trump attacca pubblicamente Anthony Fauci 5, figura centrale nella risposta americana al Covid, e punta il dito contro le decisioni “tecnocratiche” che avrebbero paralizzato il paese.

Più ancora della crisi sanitaria, è la gestione delle informazioni digitali a fare da spartiacque.

Nel pieno della campagna per la rielezione, Twitter e Facebook oscurano l’inchiesta del New York Post sul laptop di Hunter Biden 6, considerata potenzialmente dannosa per Joe Biden. A distanza di mesi, le stesse fonti (Washington Post, 2022) riconosceranno che il contenuto era autentico 7.

Trump accusa: “Il Deep State non è solo a Washington. È nei server, negli algoritmi, nei consigli di amministrazione.”

Il 6 gennaio e oltre: controllo narrativo e criminalizzazione del dissenso

L’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 rappresenta, nella narrativa ufficiale, il punto più basso della presidenza Trump. Ma per il fronte antagonista, è un evento chiave manipolato per giustificare una repressione del dissenso senza precedenti. In molti notano che l’intelligence americana, normalmente estremamente attiva, non aveva predisposto contromisure adeguate, pur avendo ricevuto numerosi segnali d’allarme.

Successivamente, l’etichetta di “terrorismo interno” viene applicata anche a pacifici manifestanti e sostenitori trumpiani, mentre il Department of Justice e l’FBI continuano ad agire in modo selettivo, rafforzando il sospetto che non tutti i cittadini americani siano uguali davanti alla legge.

2024 e oltre: il ritorno dell’incubo per l’establishment

Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2024, l’ex presidente Trump torna al centro della scena politica. Parallelamente, cresce il numero di procedimenti giudiziari a suo carico: quattro processi penali e diverse cause civili, un'accelerazione giudiziaria sospetta.

Per alcuni osservatori si tratta di semplice accountability. Per altri, è il segno evidente di un sistema che usa ogni mezzo disponibile per impedire il ritorno di un leader scomodo.

Il Deep State, qualunque forma esso abbia, teme Trump non per ciò che ha fatto, ma per ciò che potrebbe fare se rieletto: decapitare le agenzie federali, decentralizzare il potere e restituire sovranità agli Stati, limitare l’accesso delle multinazionali ai ministeri, ridefinire le relazioni con NATO e altre nazioni, svelare operazioni segrete mai dichiarate.

Un uomo solo contro la macchina

Nella visione antagonista, Donald Trump è un disturbatore del sistema, un’anomalia che ha costretto il potere invisibile a mostrarsi. Il vero oggetto dello scontro non è la politica, ma la legittimità democratica del potere: chi decide davvero il futuro degli Stati Uniti? Il popolo, attraverso il voto? O un’aristocrazia silenziosa, che agisce nel nome della stabilità e della sicurezza?

È una domanda che, a prescindere dall'opinione su Trump, resta senza risposta definitiva.

Conclusione

La narrativa del Deep State rappresenta una reazione al crescente divario tra istituzioni e cittadini, tra élite e popolo, tra ciò che si vota e ciò che si decide. Donald Trump, in questa cornice, è espressione di un dissenso più ampio, che travalica la sua persona. Possiamo ormai dire che lo scontro con il Deep State è ormai parte integrante della storia americana e mondiale contemporanea.

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BIBLIOGRAFIA - Donald Trump e il “Deep State”: la guerra invisibile

  1. The Deep State Goes to War With President-Elect, Using Unverified Claims, as Democrats Cheer ↩︎
  2. Video: Attorney General Barr holds press conference about final Mueller report ↩︎
  3. I Am Part of the Resistance Inside the Trump Administration – New York Times 05/09/2018 ↩︎
  4. UcraincaGate – RaiNews 25/09/2019 ↩︎
  5. Coronavirus, Trump ritwitta: “Tempo di licenziare Fauci” – RaiNews 13/04/2020 ↩︎
  6. Usa 2020: Twitter e Facebook bloccano articolo contro Biden – Ansa 15/10/2020 ↩︎
  7. Here’s how The Post analyzed Hunter Biden’s laptop – Washington Post 30/03/22↩︎
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