Palestina dal 135 d.C. dixit l’imperatore Adriano (disarticolare le rivolte ebraiche)
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Nel 135 d.C. – al termine di una delle più sanguinose insurrezioni dei giudei contro il dominio romano – l’imperatore Adriano intraprese una serie di misure repressive per punire e disarticolare la presenza ebraica nella provincia di Giudea. Tra queste, una delle più emblematiche fu la rinominazione della provincia stessa: la “Giudea” cessò di esistere come entità ufficiale.
L'impero romano cambiò il nome di Giudea in Palestina.

Cambiare il nome di Giudea in Palestina fu un’operazione politica e simbolica significativa. Immagina che un giorno, improvvisamente, cambino nome all'Italia o alla tua regione.
La rivolta di Bar Kokhba: l’ultimo tentativo di liberazione
La cosiddetta terza guerra giudaica (132–136 d.C.) fu guidata da Simon Bar Kokhba, figura messianica per una parte della popolazione ebraica. La rivolta scoppiò in risposta a diverse provocazioni da parte dell’impero, tra cui il divieto della circoncisione (ritenuta una forma di mutilazione barbara) e il progetto di rifondare Gerusalemme come colonia romana, Aelia Capitolina, dedicata a Giove Capitolino.
La rivolta di Bar Kokhba (132–136 d.C.) scoppiò in reazione a una serie di provvedimenti imperiali percepiti dagli ebrei come provocatori e sacrileghi: il divieto della circoncisione, il progetto di fondare la colonia romana Aelia Capitolina sul sito del Tempio di Gerusalemme, la romanizzazione forzata delle istituzioni locali.
L'imperatore Adriano rispose con una campagna militare senza precedenti nella storia delle guerre interne dell’Impero. Secondo lo storico Cassio Dione (Storia romana, LXIX, 14), furono rasi al suolo centinaia di villaggi, sterminati decine di migliaia di ribelli, e una vasta parte della popolazione fu deportata. Le pratiche religiose ebraiche vennero bandite e l’ingresso a Gerusalemme interdetto agli ebrei.
Aelia Capitolina: una città senza ebrei
L'imperatore romano Adriano fondò Aelia Capitolina sulle rovine della vecchia Gerusalemme, vietando agli ebrei l’accesso alla città sotto pena di morte. Il Tempio non fu ricostruito. Al suo posto sorse un tempio a Giove. L’intera operazione aveva il chiaro intento di trasformare Gerusalemme da centro della fede ebraica a simbolo della civiltà romana.
La nascita della “Palestina”
Fu in questo contesto di annientamento sistematico dell’identità ebraica che venne introdotto il nuovo nome: Syria Palaestina. Le prime attestazioni ufficiali del toponimo risalgono al 135–139 d.C., come confermato da documenti epigrafici (es. diplomi militari) e fonti numismatiche.
Ma cosa significa “Palestina”?
Il termine Palæstina (dal greco Παλαιστίνη) era già noto nel mondo greco-romano per indicare genericamente la costa meridionale della Siria, ma il suo impiego in sostituzione della “Giudea” fu deciso dall'imperatore romano per sedare le rivolte ebraiche. Molti storici moderni ritengono che Adriano scelse volutamente il nome di un antico popolo nemico degli ebrei – i Filistei – per umiliare i vinti e riscrivere la geografia ideologica della provincia (damnatio memoriae).
Una damnatio memoriae per via toponomastica
Il ribattezzo della Giudea in Syria Palaestina rientra in una più ampia strategia di “damnatio memoriae” applicata non a una persona, ma a un intero popolo e alla sua storia. L’obiettivo era chiaro: eliminare ogni riferimento alla presenza ebraica nel nome stesso del territorio, romanizzarlo completamente e ridurre la possibilità di future rivendicazioni identitarie.
Si tratta di uno dei casi nella storia romana in cui il cambiamento toponomastico appare motivato non da ragioni geografiche o amministrative, ma da finalità punitive e simboliche.
Il potere dei nomi
L’Impero romano sapeva bene che i nomi non sono neutri. Rinominare una provincia significava riscrivere la sua storia, ridefinirne l’identità. Il caso della Giudea divenuta Syria Palaestina è uno degli esempi più forti del potere politico e simbolico dei toponimi.
Fu una forma di conquista attraverso il linguaggio, uno strumento sottile ma potentissimo di controllo culturale. Le conseguenze — linguistiche, identitarie, storiche — le notiamo ancora oggi.
Punti di consenso tra gli storici
La maggior parte degli studiosi concorda su alcuni aspetti:
- Il cambiamento del nome da Giudea a Palestina fu una misura politica volta a integrare meglio la provincia nel contesto romano-siriano e disintegrare l'ebraismo.
- Fu un atto simbolico, utile a rompere la continuità tra il popolo ebraico e la sua terra, soprattutto dopo tre rivolte (66–70, 115–117, 132–136 d.C.).
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