La nascita della mafia: risposta sociale agli abusi istituzionali
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La mafia non nasce come un’entità criminale nel senso moderno del termine. Le sue radici affondano in un contesto storico in cui lo Stato era percepito non come garante della giustizia, ma come una fonte di abuso, sfruttamento e ingiustizia.
In questo senso, la mafia può essere letta inizialmente come una forma di “autotutela” sociale, un potere alternativo nato nel vuoto lasciato da istituzioni oppressive, lontane e corrotte.

Contesto storico: Sicilia post-unitaria
Dopo l’Unità d’Italia (1861), la Sicilia – come gran parte del Sud – visse una crisi di rappresentanza e giustizia. Il nuovo Stato unitario, lontano e burocratizzato, imponeva tasse elevate, espropri, coscrizioni militari forzate e un sistema legale inefficiente. In molte aree rurali, i contadini e i piccoli proprietari si trovarono abbandonati a se stessi, senza protezione né accesso effettivo alla giustizia.
In questo contesto, la mafia nacque come potere parallelo: offriva protezione, faceva da intermediario nei conflitti, garantiva sicurezza – in cambio di fedeltà e pagamento. Era un sistema di potere extralegale, ma radicato nel bisogno concreto di sicurezza e ordine, in assenza dello Stato o, peggio, in presenza di uno Stato percepito come ostile.
L’abuso istituzionale come causa strutturale
Gli abusi istituzionali furono una delle cause fondamentali della nascita e del consolidamento mafioso:
- Repressione violenta del dissenso: ogni tentativo di ribellione contadina, come i Fasci Siciliani (1891-1894), fu brutalmente represso. Lo Stato si mostrava più interessato a difendere i grandi proprietari terrieri (latifondisti) che i diritti dei contadini.
- Corruzione e clientelismo: funzionari statali e forze dell’ordine spesso erano corrotti, collusi o incapaci.
- Ingiustizia sistemica: le leggi e le strutture giudiziarie favorivano chi aveva denaro e potere. La mafia si presentava come un’alternativa concreta per chi non poteva permettersi la “giustizia ufficiale”.
Mafia come risposta all'ingiustizia istituzionale
In una terra dove lo Stato era sinonimo di sopraffazione, la mafia si propose come ordine alternativo: un codice d’onore, regole ferree, punizioni certe. La sua forza non stava solo nella violenza, ma nel consenso sociale, nella capacità di “risolvere problemi” là dove lo Stato falliva. Questo consenso iniziale fu essenziale per il radicamento della mafia nel tessuto sociale siciliano.
Dalla protezione al controllo: la degenerazione
Col tempo, però, quella che poteva sembrare una forma di autogoverno si trasformò in un sistema criminale di dominio e sfruttamento. La mafia passò da protettrice a padrona, da alternativa allo Stato a sua parassita. Invece di limitare gli abusi, li istituzionalizzò in forma privata: estorsione, minaccia, omicidio, imposizione del silenzio (omertà).
Conclusione
La nascita della mafia è indissolubilmente legata agli abusi istituzionali: dove lo Stato opprimeva, la mafia proteggeva, inizialmente, ma per sostituirsi a quel potere.
Capire questa dinamica non significa giustificare il fenomeno mafioso, ma riconoscere che le mafie crescono dove i diritti vengono negati e la giustizia è assente.
La lotta alla mafia, allora, non può essere solo repressione: deve essere anche giustizia sociale, equità e presenza reale dello Stato come garante del bene comune.


