Il pontificato di Papa Francesco, globalista martirizzatore di italiani
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Il pontificato di Papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio), iniziato nel 2013 e terminato nel 2025, al contrario di come lo dipingono i mass media mainstream, è sembrato più un adattamento alle logiche del potere globalista, che realmente un supporto dei deboli.

Introduzione su Papa Francesco martirizzatore di italiani
Fin dall’inizio, la sua immagine è stata costruita su una narrativa mainstream di apertura e attenzione agli ultimi, enfatizzata sempre di più nel tempo. Lo hanno presentato come il pontefice dei poveri impegnato sui temi della povertà, dei migranti e dell'ambiente.
Dietro questa facciata mediatica, il suo pontificato ha spesso legittimato moralmente le élite globaliste. Ha contribuito alla dissoluzione dei legami sociali, alla precarizzazione delle classi medie e alla ridefinizione culturale dell’Occidente.
Bergoglio ha offerto copertura etica e religiosa a strategie economiche e geopolitiche mirate alla frammentazione sociale e al controllo delle coscienze.
Metteremo in evidenza le contraddizioni e le ambiguità di un pontificato poco impegnato sul piano spirituale e, a vista, molto collaborativo con le architetture globaliste.
Retorica buonista e doppio standard di Papa Francesco
Fin dall’esordio, il pontificato di Bergoglio si è caratterizzato per una forte impronta comunicativa. La scelta del nome Francesco, in riferimento al santo di Assisi, ha segnato una discontinuità simbolica con i predecessori. Richiamava la povertà evangelica e l’impegno per gli emarginati. Questo orientamento si è tradotto in discorsi e documenti ufficiali, come le encicliche Laudato si’ (2015) e Fratelli tutti (2020). Hanno consolidato l’immagine di un Papa attento alle ingiustizie sociali, alla tutela dell’ambiente e alla costruzione di un’umanità inclusiva.
In Fratelli tutti, ad esempio, Bergoglio scrive:
La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami del paradigma efficientista della tecnocrazia” (Fratelli tutti, 2020).
Un’affermazione forte, che denuncia la subordinazione della politica alle logiche finanziarie globali. Tuttavia, questa critica resta teorica e unilaterale. Per gli italiani, risulta persino autolesionista, perché non tocca mai i veri attori di queste dinamiche, come le grandi istituzioni finanziarie o le organizzazioni sovranazionali.
Queste dissonanze mostrano come i discorsi ufficiali di Papa Francesco siano stati spesso ambigui o contraddittori. Più che alla coerenza dottrinale o a colpire i gangli del sistema, erano funzionali alla costruzione di consenso.
Dissonanze dottrinali: tra coerenza e ambiguità di Papa Francesco
Uno degli aspetti più controversi del pontificato di Bergoglio riguarda la gestione dei temi eticamente sensibili. La sua posizione ufficiale ha spesso oscillato tra affermazioni di principio, in linea con la dottrina cattolica, e aperture che hanno generato ambiguità interpretative. Questo stile comunicativo ha prodotto un effetto disorientante all'interno della comunità ecclesiale, favorendo una percezione di incertezza dottrinale.
Il pontificato di Bergoglio ha mantenuto una postura oscillante tra la fedeltà alla dottrina e l’adattamento ai nuovi paradigmi culturali globali. Questa ambiguità ha permesso al Vaticano di dialogare con il mondo contemporaneo senza rotture. Tuttavia, ha minato la coerenza interna della Chiesa, alimentando dubbi e divisioni.
Migrazioni e geopolitica: tra carità e ingegneria sociale
La retorica papale sull’accoglienza dei migranti si è imposta come uno dei tratti distintivi del suo magistero. Numerosi gli interventi pubblici in favore di politiche di apertura, con un costante richiamo alla responsabilità morale dei paesi occidentali. Un approccio sostenuto dalla stampa internazionale, ma criticato da diversi settori sociali, anche interni alla Chiesa, preoccupati per le conseguenze economiche e culturali di un’accoglienza indiscriminata.
La questione delle migrazioni ha rappresentato uno dei fulcri centrali del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Fin dall’inizio, il Papa ha fatto dell’accoglienza dei migranti un cardine della sua azione pastorale e politica, definendola una necessità morale ineludibile. Questo approccio si è concretizzato in numerosi discorsi, viaggi apostolici e documenti ufficiali, tra cui l’enciclica Fratelli tutti, dove si legge:
“Le migrazioni – si legge nell'Enciclica – costituiranno un elemento fondante del futuro del mondo, ma oggi esse risentono di una perdita di quel senso della responsabilità fraterna, su cui si basa ogni società civile” 1 (Fratelli tutti, 2020, n. 133).
Tuttavia, questa retorica universalistica, apparentemente inattaccabile sul piano etico, ha suscitato critiche crescenti. In particolare per l’assenza di una riflessione sulle cause profonde delle migrazioni e sulle conseguenze sociali ed economiche nei paesi di accoglienza.
Mancanza di critica e risoluzione alle cause sistemiche
Bergoglio ha insistito con petulanza sull’obbligo morale dell'Italia di accogliere immigrati. Invece, ha raramente rivolto una condanna esplicita alle dinamiche geopolitiche che generano i flussi migratori (leggi nostro articolo 2016): guerre, sfruttamento delle risorse, ingerenze delle multinazionali.
Bergoglio ha spesso attribuito il peso e la responsabilità agli italiani e ai governi occidentali, accusandoli di chiusura o insensibilità verso il fenomeno migratorio.
Collaborazioni di Papa Francesco con organismi globali
L’enfasi sull’accoglienza si inserisce in una cornice più ampia di collaborazione tra il Vaticano di Bergoglio e le principali istituzioni globali. Il Global Compact for Migration, firmato a Marrakech nel 2018 sotto l’egida delle Nazioni Unite, ha ricevuto il pieno sostegno della Santa Sede. Il Vaticano ne ha condiviso l’impostazione favorevole alla regolamentazione dei flussi migratori come diritto universale. Questo documento, criticato da diversi governi per il rischio di compromettere la sovranità nazionale, è stato accolto con entusiasmo dal Vaticano.
L’accoglienza come leva per la precarizzazione delle classi medie
La narrazione dell’accoglienza universale, slegata dalle condizioni di sostenibilità economica e culturale dei paesi ospitanti, è apparsa come parte di un disegno più ampio di disarticolazione sociale. In questa prospettiva, l’aumento dei flussi migratori non regolamentati contribuisce alla frammentazione dei legami sociali, alla precarizzazione delle classi medie e medio basse.
Papa Francesco sembra aver favorito, con le sue pressioni, una crisi economica e di valori. Un processo che contribuisce alla dissoluzione delle classi intermedie e facilita il controllo delle élite globali.
Queste dinamiche sono state lette da più parti come strumenti di destabilizzazione del tessuto sociale. Sono funzionali a un modello economico neoliberista, che necessita di manodopera a basso costo e di società prive di riferimenti culturali forti. Tali interpretazioni trovano una corrispondenza nella prassi vaticana sotto Bergoglio, caratterizzata da un’insistenza sulla solidarietà astratta, senza una riflessione strutturale sui rischi di lungo termine.
Migrazioni e geopolitica: carità selettiva e ricatto morale
Uno degli aspetti più controversi del pontificato di Jorge Mario Bergoglio è stata la pressione morale esercitata in modo sistematico sui cittadini italiani ed europei sul tema dei migranti. Fin dai primi anni, il Papa ha insistito sull’obbligo etico di aprire le porte ai flussi migratori, trasformando l’accoglienza da gesto volontario a dovere morale inderogabile.
Bergoglio non è stato così intransigente riguardo ad altre questioni. La sua è apparsa come un'ossessione, forse favorita dall'essere egli stesso un migrante di seconda generazione, figlio di emigrati italiani in Argentina. Un portamento, potremmo quindi dire, di identificazione egocentrica, più che altruistico.
Vien da domandarsi se non sia stato fatto eleggere Papa dalle elité mondialiste, proprio in quanto figlio di emigranti italiani?
Sappiamo bene quanto sono da sempre controverse e politicizzate le elezioni dei pontefici dietro le quinte e quindi non ci sarebbe da sorprendersi.
In numerosi discorsi, ha criticato governi e popolazioni occidentali per la loro presunta chiusura verso i migranti. Arrivò a parlare di una “globalizzazione dell’indifferenza” (omelia a Lampedusa, 8 luglio 2013).
Questa narrativa ha spesso assunto i toni del ricatto etico. La colpa della sofferenza dei migranti veniva attribuita ai popoli europei, accusati di non accogliere abbastanza o di farlo senza il giusto spirito. Le sue parole a Lampedusa, poco dopo l’inizio del pontificato, sono emblematiche:
“La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza.Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro” (Omelia a Lampedusa 2, 8 luglio 2013).
Il messaggio, ribadito negli anni, è sempre stato rivolto ai paesi di accoglienza. Bergoglio non ha mai rivolto la stessa intensità di rimprovero alle cause sistemiche delle migrazioni, ignorando il degrado economico e sociale inflitto agli italiani.
Agli italiani, carcerati esclusi, Bergoglio ha riservato solo richieste di autolesionismo e dolore. Un’autodistruzione che si è riflessa anche nella continua riduzione della natalità (v. nostro articolo del 2016).
Un sacrificio continuo chiesto agli italiani europei, non ai responsabili e non ai ricchi emergenti africani
L’approccio di Bergoglio si traduce in un sacrificio morale imposto agli europei: accogliere, integrare, cedere parte del proprio benessere, impoverirsi. Tutto questo senza una reale denuncia dei responsabili dei conflitti e delle crisi economiche che generano i flussi migratori.
Vedi il nostro Dossier Milionari in Africa
La retorica papale si concentra sulle conseguenze umane delle migrazioni, evitando sistematicamente di interrogare le cause politiche ed economiche che ne sono all’origine. Le principali potenze mondiali, le organizzazioni internazionali e le grandi multinazionali che destabilizzano intere aree del pianeta restano immuni alla critica papale e a qualsiasi richiesta concreta.
L’enciclica Fratelli tutti condanna in modo generico le logiche di esclusione, senza mai nominare i responsabili delle guerre o delle crisi economiche che spingono milioni di persone a migrare.
Bergoglio riceve ricchi africani, ma si guarda bene dal criticare i problemi interni all'Africa: concentrazione della ricchezza e razzismo interno interafricano.
Vedi il nostro Dossier Razzismo in Africa.
Vedremo nel seguito di questo articolo quali sono gli obiettivi della geopolitica vaticana e della conquista “spirituale” dei paesi emergenti in Africa, dove il benessere è cresciuto negli ultimi anni. Al contrario, in Italia la povertà è aumentata, anche per effetto delle politiche imposte di fatto dal Vaticano di Papa Francesco & C.
La sua è una scelta comunicativa che scarica la responsabilità morale sui popoli europei, invitati a farsi carico di una situazione di cui sono vittime indirette, mentre i veri autori delle crisi vengono lasciati in ombra.
La leva della colpa come manipolazione biopolitica
La strategia morale di Bergoglio, laureato in psicologia, può essere letta come una forma di manipolazione attraverso il senso di colpa, in cui l’autorità religiosa esercita pressione sulla coscienza collettiva, imponendo un senso di colpa diffuso per orientare i comportamenti e la forma mentis collettiva e, di conseguenza, le decisioni politiche degli Stati.
Il richiamo costante di Papa Francesco all’accoglienza, alla fratellanza universale e alla solidarietà senza limiti si traduce in una richiesta di sacrificio unilaterale. A pagarne il prezzo sono le popolazioni europee, in particolare il popolo italiano, già provato da decenni di precarizzazione economica e crisi sociale.
In questo senso, la posizione del Vaticano sotto Bergoglio si inserisce nelle dinamiche delle élite globaliste. Queste promuovono la frammentazione sociale e l’indebolimento delle identità culturali per favorire un modello economico neoliberista e post-nazionale.
L’assenza di una critica esplicita ai grandi attori di queste dinamiche rivela la funzione di legittimazione morale esercitata dalla Chiesa. Un ruolo che rafforza l’ingegneria sociale promossa dalle istituzioni sovranazionali.
Africa: il nuovo centro di gravità economico e il calcolo strategico del Vaticano
Accanto alla questione migratoria, il pontificato di Bergoglio ha dedicato crescente attenzione all’Africa, vestendo quelle attenzioni come atti di generosità.
Voglio ora evidenziare come gli interessi vaticani e papalini siano soprattutto opportunistici. Non si tratta di un’operazione generosa, come vorrebbe la narrazione ufficiale, ampiamente smentita dal disinteresse per il danno arrecato agli italiani attraverso le migrazioni (v. esercito industriale di riserva). Si tratta, piuttosto, di una strategia mirata al futuro della Chiesa cattolica.
L’interesse vaticano verso il continente africano si inserisce in un contesto di trasformazione globale, in cui l’Africa si avvia a diventare uno dei poli economici e demografici emergenti. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, entro il 2050 l’Africa conterà circa 2,5 miliardi di abitanti, rappresentando il principale serbatoio demografico del pianeta.
Già, ad oggi, lo sviluppo economico e la diffusione del benessere sono notevolmente accresciuti in pochi anni. Alcuni paesi africani stanno registrando tassi di crescita economica superiori alla media globale, grazie alle risorse naturali, agli investimenti, alla beneficienza e alla crescente integrazione nei mercati internazionali.
L'espansione economica africana sta modificando gli equilibri geopolitici. Il continente è diventato un'area chiave di sviluppo e competizione globale. Rilevante anche per le influenze culturali, religiose ed economiche.
In questo scenario, il Vaticano sembra adottare una strategia “ruffiana” volta a ingraziarsi le popolazioni e i governi africani. L’obiettivo, neanche troppo nascosto, è conquistare la religiosità nel continente, consolidando la presenza cattolica in un’area dove le confessioni protestanti e l’islam sono in forte crescita.
La retorica pro-migranti di Papa Francesco come ponte per l’evangelizzazione africana
La narrativa pro-migranti di Bergoglio, rivolta soprattutto ai popoli europei, svolge una doppia funzione. Da un lato, esercita pressione morale sulle società occidentali, dall’altro rafforza il legame tra il Vaticano e le popolazioni africane, presentando la Chiesa come difensore dei loro diritti e promotrice della loro mobilità.
Questo calcolo geopolitico e religioso consente alla Chiesa di posizionarsi come interlocutore privilegiato in Africa, dove la crescita demografica garantirà nei prossimi decenni una platea sempre più ampia di fedeli potenziali e di consumatori neofiti per le multinazionali.
I viaggi apostolici di Bergoglio in Mozambico, Madagascar e Mauritius (2019), così come in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan (2023), confermano questa attenzione strategica. In questi contesti ha insistito sui temi della pace, della giustizia sociale e dello sviluppo economico, rafforzando il ruolo della Chiesa come mediatore e partner politico.
Bergoglio ha predicato povertà e sacrificio agli italiani; benessere e sviluppo agli africani.
La competizione del cattolicesimo con islam e protestantesimo
La posta in gioco non è solo morale o pastorale, ma profondamente geopolitica e religiosa. Il Vaticano è consapevole che la competizione per l’influenza spirituale sull’Africa sarà decisiva per il futuro della Chiesa cattolica.
Gli africani sono molto affascinati dal benessere e dal lusso. Il cattolicesimo deve competere in Africa con le confessioni protestanti, spesso sostenute da network americani, e l’islam. Nessuna delle altre confesioni predicano povertà e quindi si presenta un problema per la penetrazione cattolica in Africa.
In questo quadro, l’Africa diventa una sorta di campo di battaglia fintamente spirituale, dove la posta in gioco è la fidelizzazione di intere popolazioni in un contesto di grande fluidità religiosa e instabilità politica.
La posizione di Bergoglio, quindi, non va letta solo come espressione di una carità disinteressata, ma come parte di una strategia di espansione religiosa, in cui il Papa cerca di accreditarsi come protettore dei popoli africani, nel tentativo di conquistare un continente che, per dimensioni demografiche e risorse, rappresenta il futuro del potere.
Pandemia e biopolitica: l’abbraccio tra Chiesa e potere sanitario
La gestione della pandemia di COVID-19 ha rappresentato un banco di prova per molte istituzioni, comprese quelle religiose. Il pontificato di Bergoglio si è distinto per l’allineamento con la narrazione ufficiale dei governi e delle grandi organizzazioni sovranazionali, come l’OMS e il World Economic Forum (WEF). Un allineamento che, in diversi casi, ha preso i contorni di una collaborazione disciplinare, con la Chiesa impegnata a rafforzare il consenso su misure straordinarie come l’obbligo vaccinale e il green pass.
Il Papa si è espresso pubblicamente a favore dei vaccini sin dall’inizio della campagna globale, definendoli:
“Un atto d’amore” (Messaggio per la campagna vaccinale, 18 agosto 2021).
Questa espressione, apparentemente innocua, si è però trasformata in una leva morale potente, utilizzata per orientare le coscienze dei fedeli verso l’accettazione delle politiche sanitarie più restrittive. In molti paesi, il Vaticano ha sostenuto l’adozione del green pass per l’accesso alle celebrazioni liturgiche e alle attività pastorali, subordinando il culto e i sacramenti alla verifica sanitaria.
La Chiesa come strumento di legittimazione delle elité
Questo atteggiamento ha rivelato la funzione della Chiesa cattolica che, più che baluardo spirituale, è apparso come strumento di legittimazione del potere globalista, partecipando all’architettura del consenso intorno a pratiche di controllo e disciplinamento della popolazione. Una posizione che ha tradito, per molti osservatori, la missione originaria della Chiesa, che dovrebbe porsi come difesa degli individui contro le derive oppressive del potere politico.
Diversi vescovi e intellettuali cattolici hanno sollevato critiche a questa posizione, tra loro è spiccato Monsignor Carlo Maria Viganò (v. nostro articolo), ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, scomunicato da Bergoglio, che ha duramente criticato le scelte provax di Bergoglio. Monsignor Viganò ha rinnovato il suo monito dopo la morte di Bergoglio dichiarando
Dovrà rendere conto dei crimini di cui si è macchiato, primo fra tutti l'aver usurpato il soglio di Pietro per distruggere la Chiesa Cattolica e perdere tante anime – Carlo Maria Viganò 22/04/25 3
Il Vaticano di Bergoglio non ha mai messo in discussione la gestione politica della pandemia, evitando di indagare le dinamiche economiche e geopolitiche sottostanti. Ad esempio, il ruolo delle multinazionali farmaceutiche e gli abusi per le eccessive restrizioni delle libertà fondamentali imposte dai governi.
Questa compiacenza ha rafforzato il sospetto che la Chiesa, anziché esercitare una funzione critica, abbia agito da partner e supporter del potere dominante, consolidando la costruzione di un consenso basato sulla paura e sul senso di colpa.
Il senso di colpa del peccato come leva sociale
L’elemento costante di ogni strategia di Bergoglio è il ricorso al linguaggio del peccato e della colpa per ottenere determinati comportamenti collettivi, utili alle elité dominanti. Così è stato per l'accoglienza migranti e lo stesso per l’obbligo vaccinale. La strategia di induzione alla vaccinazione è la stessa usata per sostenere l'invasione degli immigrati, in Italia.
Sembra proprio che la Chiesa abbia utilizzato il proprio retaggio dottrinale per trasformare una scelta sanitaria in una questione morale, esortando i fedeli ad assumere il vaccino non solo per protezione individuale, ma come atto di amore verso il prossimo, pena il rischio di venire percepiti come egoisti o peccatori. Lo stesso ha fatto, per oltre 10 anni, per giustificare l'invasione e il favoritismo verso gli immigrati in Italia.
Nella gestione della pandemia, Bergoglio ha confermato questa tendenza ad agire come strumento di consenso delle élite globali, trasformando la Chiesa in un partner morale del potere biopolitico.
L’uso del linguaggio della colpa e del peccato e perfino dell'amore (con concomitanze con il ministero orwliano) per sostenere l’obbligo vaccinale ha rappresentato un passaggio decisivo, segnando l’abbandono del ruolo critico delle narrative cristiane di fronte agli abusi del potere politico.
Conclusione sul Pontificato di Papa Francesco
Presentato come il Papa degli ultimi, Bergoglio ha esercitato ricatti morali sistematici e preteso comportamenti autolesionisti dai cittadini italiani e europei, per rafforzare i legami vaticanensi con l’Africa, futuro centro di gravità demografico ed economico del mondo. Un continente a cui Multinazionali, Stati e Chiese guardano come campo di espansione.
Quindi, possiamo dire che il pontificato di Jorge Mario Bergoglio è stato caratterizzato da una forte ambivalenza tra retorica evangelica selettiva e allineamento alle logiche di potere mondialiste e abbiamo tralasciato, per motivi di spazio, numerose altre ambivalenze, che ci riserviamo di argomentare in prossimi articoli.
Più che un riformatore o un rivoluzionario, Bergoglio si è rivelato l’esecutore di un progetto di adattamento della Chiesa cattolica alle logiche del nuovo ordine mondiale (già sancite con il libro della CEI, 2011), sacrificando la coerenza dottrinale e la funzione profetica della fede cristiana sull’altare di una religione biopoliticizzata, funzionale alla frammentazione sociale e al controllo del comportamento.
Un pontificato, quello di Papa Francesco, che ha contribuito non tanto a sollevare gli ultimi, quanto a dissolvere i legami comunitari in Italia, rovinare le classi medie e basse in occidente, con il beneplacito degli ingenui e dei privilegiati collusi (leggi nostro articolo).
Ha lasciato dietro di sé una Chiesa spogliata di credibilità spirituale e ridotta a strumento di legittimazione delle dinamiche di potere che, in teoria, secondo il pensiero cristiano, avrebbe dovuto contrastare. Del resto, non è la prima volta che accade nella storia della Chiesa Cattolica.
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BIBLIOGRAFIA - Il pontificato di Papa Francesco, globalista martirizzatore di italiani
- Frratelli tutti – Integrazionemigranti.gov.it ↩︎
- OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO 8 luglio 2013 – Vatican.va ↩︎
- Le parole shock di mons. Viganò, il vescovo scomunicato: “Renderà conto dei suoi crimini” – Rai News ↩︎
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